Il pensiero teologico attorno al matrimonio cristiano si è significativamente riattivato in seguito all’esortazione postsinodale Amoris Laetitia, riprendendo problematiche teologiche e pastorali rimaste a lungo sullo sfondo. L’intervento di mons. Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara e teologo attento alle tematiche familiari, propone un’articolata riflessione sul rapporto tra fede e sacramento in relazione ai tre aspetti nodali della prassi odierna sul matrimonio cristiano – questione teologica, antropologica e pastorale – e ai tre corrispondenti compiti che interpellano il ministero della Chiesa in quest’epoca di così grande cambiamento per la realtà famigliare. La riflessione prende le mosse dalle parole che Benedetto XVI rivolgeva nel 2005 al clero di Aosta, individuando nella relazione fede sacramento un problema fondamentale da ripensare e approfondire. Questa prospettiva, condivisa dall’autore, viene qui sviluppata fino al suo approdo pastorale, che trova un persuasivo riferimento nel recente documento dei Vescovi del Piemonte e Valle D’Aosta «Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito» (Sal 34,19).
Il tema evocato dal titolo di questo articolo di don Giovanni Cesare Pagazzi, redattore della Rivista e docente di Teologia sistematica presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano, è indubbiamente di grande attualità e richiama problematiche relative sia all’identità presbiterale sia alle concrete condizioni di esercizio del ministero. Spesso infatti non si ha tempo per lo studio, manca lo spazio mentale per leggere e riflettere, difetta la disposizione a rientrare in sé per ragionare. L’autore sottolinea invece quanto sia importante ritagliarsi un ambito per lo studio. Ne va non solo dell’acquisizione di conoscenze peraltro oggi più che mai utili alla concreta attività pastorale, ma anche della mentalità e dell’atteggiamento più appropriato per un ministero sapiente. I gesti dello studio non possono non far parte della vita ordinaria del prete. Quando lo diventano, si può sorprendentemente constatare che «al prezioso concorso dello studio a favore del portamento e comportamento presbiterale (ed episcopale) si aggiunge l’acquisizione di nuovo sapere che rappresenta un gran guadagno nella difficilissima gestione del tempo».
Pubblichiamo una suggestiva riflessione che don Claudio Margaria, parroco con altri due preti di una unità pastorale di alta montagna della diocesi di Saluzzo, ha recentemente proposto a un corso di aggiornamento per sacerdoti diocesani. Essa affronta il tema della fraternità, centrale per la spiritualità cristiana, mostrando come il quarto vangelo proponga una lettura della vita di Gesù quale passaggio dal suo essere unigenito a primogenito, cammino attraverso il quale si è sviluppata una fraternità reale nella relazione con i discepoli. La sapiente fenomenologia evangelica di queste pagine evidenzia con semplicità e acume un percorso istruttivo per ognuno, perché ciascuno nasce ‘unico’ e la vita può essere intesa come il lento e mai concluso cammino dello scoprirsi non soli e del conseguente far spazio al ‘fratello’, nonostante la fatica che ciò richiede e la tentazione di credere che è sempre meglio essere ‘gli unici’. Il vangelo di Giovanni si rivela ricco di indicazioni per un percorso umano e insieme genuinamente cristologico: «Gesù pone la sua morte “per gli altri” in quell’atto in cui abdica a essere “il solo” Figlio e richiede o offre a tutti la possibilità, nel discepolato, di essere suoi fratelli – figli in lui».
Lo studio di don Massimiliano Scandroglio, docente di esegesi dell’Antico Testamento presso il Seminario di Venegono (MI), si interroga su cosa voglia dire in concreto per la Chiesa oggi «vivere di misericordia», ovviamente una misericordia non generica e indeterminata, ma «biblicamente intesa». A tal fine propone un’accurata e significativa esegesi di parte del primo capitolo di Isaia, individuando le caratteristiche della giustizia divina, anzitutto fondata sul desiderio profondo e ostinato di bene per l’uomo, ma che richiede quale necessario interlocutore una libertà pronta a fare la propria parte, ammettendo senza inutili giustificazioni le proprie responsabilità.
Prosegue la breve rassegna di esperienze di pastorale giovanile curata da Alfonso Colzani (segretario di redazione della Rivista) in vista del prossimo Sinodo. Presentiamo qui, anche in forma di intervista, la realtà di Casa Nicodemo, nella diocesi di Milano. Si tratta di una proposta semplice ed essenziale, cresciuta valorizzando la passione pastorale e il carisma comunitario dei fondatori, ma che stimola a interrogarsi su una serie di questioni rilevanti per l’evangelizzazione nel nostro tempo: il concorso delle diverse vocazioni, il valore testimoniale della vita fraterna, gli equilibri fra realtà pastorali ‘specializzate’ o carismatiche e pastorale parrocchiale ordinaria .
Le giovanni donne sempre più lontane, i giovani in solitaria ricerca, il dovere degli adulti di mettersi in ascolto: Paola Bignardi racconta il libro-inchiesta "Dio, dove sei?".