Nel giugno 2019 la Conferenza Episcopale Italiana e la Conferenza Italiana Superiori Maggiori hanno promulgato le Linee guida per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili, testo che rappresenta un importante salto di qualità nell’affrontare il problema degli abusi sessuali in ambito ecclesiale. Il documento segna il passaggio da una reazione emergenziale concentrata sull’evento criminale a un’azione che, mentre prende una posizione forte e chiara contro gli abusi, assume una prospettiva ampia e propositiva indirizzata alla custodia e tutela non solo del minore, ma di tutte le persone vulnerabili. Don Gianluca Marchetti, Cancelliere vescovile della diocesi di Bergamo e membro del Consiglio di Presidenza del Servizio Nazionale Tutela Minori, offre qui una puntuale e analitica presentazione delle Linee guida, inserendole nel processo che in questi ultimi anni ha portato la Chiesa italiana a contrastare la piaga degli abusi sessuali, auspicando che la sensibilità promossa dal testo possa diventare «una preziosa occasione per ridare forza alla partecipazione e corresponsabilità dell’intera comunità dei credenti nella cura e custodia dei più piccoli».
Anna Deodato, religiosa delle Ausiliarie Diocesane di Milano, pedagoga e formatrice, membro del Servizio Nazionale Tutela minori della CEI, approccia qui le Linee guida per la prevenzione degli abusi sui minori e sugli adulti vulnerabili con la sensibilità acquisita in anni di ascolto e accompagnamento di vittime di abusi subiti da parte di personale ecclesiastico maschile e femminile. Il suo accorato e intenso intervento si propone di far percepire la profondità umana e spirituale del fenomeno e perorare un approccio esistenzialmente coinvolto e consapevole verso le persone ferite ma anche verso gli abusatori. L’autrice è guidata dalla convinzione che il tema non possa essere ridotto a norme e procedure tese a contrastare comportamenti criminali, ma che più profondamente esso chiami a conversione ogni soggetto ecclesiale, in un movimento volto a «scardinare la dinamica del potere e della supremazia del più forte verso coloro che sono più fragili e vulnerabili».
Una diffusa retorica dal sapore apologetico è solita presentare Gesù, certo non senza ragioni, come ‘la risposta a ogni domanda’ umana. L’interessante studio di Ludwig Monti, monaco di Bose, prendendo le mosse dalla constatazione che tra le parole di Gesù troviamo un alto numero di domande, motiva il rovesciamento di quell’affermazione mostrando come gli interrogativi da lui posti si propongano come dilatazione della domanda, al fine di aprire un nuovo spazio, quello che permette la comprensione dell’inedito del Regno e il sorgere della fede. L’articolo analizza alcune domande raccolte dal vangelo di Marco e ne evidenzia la logica di apertura; con esse infatti Gesù ci tiene «sempre desti e inquieti, quale uomo che con tutta la sua vita è stato “la domanda a ogni risposta”». Con questa strategia comunicativa la parola evangelica «viene a scalfire le nostre certezze, a farci uscire dai nostri rifugi sicuri, nei quali non sappiamo più porre domande né rispondere con franchezza a chi ci interroga».
Si conclude qui la pubblicazione del saggio di don Stefano Didonè (docente di Teologia fondamentale presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Treviso-Vittorio Veneto) sul tema della sinodalità. Dopo la prima parte, dedicata alla ricerca di una «giusta sinodalità » per la Chiesa d’oggi, comparsa sul numero di dicembre, la riflessione prosegue sbozzando una serie di questioni centrali per la costruzione di una Chiesa che sappia ‘camminare insieme’ nella recezione del Vaticano II: dalla valorizzazione di tutti i soggetti ecclesiali alla costruzione di un nuovo stile di presidenza e quindi all’assunzione di forme decisionali ispirate da processi di discernimento: «La sinodalità è anzitutto uno stile perché comporta una modalità di relazionarsi profondamente rispettoso dell’alterità dell’altro e di Dio che rinuncia alla violenza per comunicare e per far valere le proprie argomentazioni».
Il ricco e stimolante articolo di don Matteo Crimella, docente di Esegesi del Nuovo Testamento presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano, si apre con una mesta constatazione – «la conoscenza del testo biblico nelle nostre comunità cristiane è ancora molto embrionale» – subito seguita dalla vivace descrizione – quasi una traccia operativa – di alcune esperienze di lettura biblica, fruite e apprezzate da cristiani adulti, per lo più laici coniugati e nel pieno dell’età attiva. Le pagine che seguono testimoniano così della vitalità senza tempo del testo biblico e della sua capacità di nutrire e aprire spiritualmente l’esistenza credente, evitando il rischio di una lettura moralistica dove la predicazione aggiunge dovere a dovere, imperativo a imperativo. «Il testo biblico è il luogo che dischiude al lettore la possibilità di percorrere un’avventura della mente e del cuore che, nell’intreccio tra il racconto e la vita, lo guidi a riconoscere e credere alla verità dell’annuncio di Gesù. Il testo biblico non è lettera morta […] ma è un atto testimoniale di Dio che ha tutta l’intenzione di continuare a vivere anche per quel suo futuro che siamo noi adesso».
Il 13 giugno a Roma si parla di "Sud. Il capitale che serve" di Borgomeo con Quagliarello, Francesco Profumo, Graziano Delrio, Nicola Rossi e Raffaele Fitto.