L’articolo di mons. Franco Giulio Brambilla (vescovo di Novara e membro della Direzione della Rivista) dà analiticamente conto della recente inchiesta sulla religiosità in Italia oggi, curata dal sociologo Franco Garelli. I dati che ne emergono evidenziano significativi cambiamenti avvenuti negli ultimi dieci anni: lo scivolamento verso una concezione della fede come sentimento privo di un legame apprezzabile con la prassi; l’irrobustirsi del profilo identitario di un cristianesimo etnico-culturale; il calo delle pratiche liturgiche e, soprattutto, l’illanguidirsi delle evidenze etiche e dei riferimenti dottrinali. Sembra permanere una domanda di spiritualità, che resta tuttavia nella vaghezza di un senso del sacro orientato al benessere psico-fisico. La consapevolezza di questo quadro e delle tendenze che esso manifesta è di decisiva importanza per la qualità del ministero pastorale, perché lo mette di fronte a compiti nuovi e ineludibili. In questa prospettiva l’Autore si diffonde, nell’ultima parte del contributo, su alcune sfide che la trasformazione della religiosità degli italiani pone alle nostre Chiese: suggestioni quanto mai lucide e preziose per non subire il cambiamento, ma viverlo attivamente e con fiducia.
Pubblichiamo la riflessione che il cardinale José Tolentino Mendonça, noto teologo e poeta, Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, ha offerto a Ravenna lo scorso 13 settembre in avvio delle celebrazioni del settimo centenario della morte di Dante Alighieri. Il secondo canto del Purgatorio viene riletto confine sensibilità in risonanza con la contingenza pandemica, esplicitando per i lettori il prodigio che accade nella lettura dei grandi classici: «I classici sono coloro che non riusciamo a considerare morti, con cui cerchiamo incessantemente il dialogo, interrogandoli prima che su di loro su noi stessi e sul nostro cammino, e soprattutto lasciandoci interrogare da loro, in una conversazione in cui la differenza tra morte e vita non viene relativizzata, ma al contrario esposta nella profondità tragica e misteriosa che ce la rende tanto urgente quanto inaccettabile. Il dialogo ermeneutico con i testi, con la poesia, con le testimonianze di umanità lasciateci da chi ci ha preceduto sono un luogo fondamentale di riapprendimento correzionale di noi stessi, “viaggio” imprescindibile verso la chiarezza ritrovata della verità». Per questo rileggere oggi Dante non è il lusso di una cultura separata dalla realtà, spesso tragica, della storia umana, ma un aiuto prezioso a riconoscere il senso del nostro cammino verso la promessa del bene e della bellezza.
Lo studio di Ugo Sartorio è dedicato alla difficile questione del futuro del cristianesimo in Occidente che, ormai caratterizzato in senso postcristiano, porta a immaginare scenari segnati da una decisa discontinuità rispetto al passato. Fra Ugo Sartorio OFM, docente incaricato di Teologia sistematica alla Facoltà teologica del Triveneto, offre una ricca e puntuale rassegna delle principali posizioni che hanno caratterizzato il dibattito sul tema negli ultimi decenni. In particolare, il saggio analizza le posizioni di alcuni autori (Delumeau, Tillard, Bellet, Ratzinger) che hanno messo a tema la questione del «futuro del cristianesimo», indugiando in particolare sulla teoria delle «minoranze creative» di Ratzinger-Benedetto XVI. La seconda parte del contributo, che comparirà sul prossimo numero della Rivista, mette a fuoco alcune proposte recenti: quella conservatrice e regressiva di Rod Dreher, quella centrata sulla recezione del Concilio Vaticano II a partire dal «principio pastorale» di Christoph Theobald, e quella del sociologo e pensatore tedesco Hans Joas. In conclusione, l’autore esprime la convinzione che «una volta messa in chiaro la necessità di fare il lutto per la cristianità che ormai si trova alle nostre spalle, la vera scelta per dare futuro o meno al cristianesimo, soprattutto in Occidente, è quella che muove da una lettura non deterministica e non solo sottrattiva della secolarizzazione, prendendo sul serio l’eredità del Vaticano II, perché solo così ci sarà in qualche modo la possibilità di “costruire” il futuro che ci attende».
Mons. Ferruccio Lucio Bonomo, docente presso lo Studio Teologico Interdiocesano di Treviso e Vittorio Veneto e l’ISSR Giovanni Paolo I, propone qui una lettura del ministero presbiterale a partire da un doppio punto di vista. Il primo è rappresentato dal sussidio a cura della Segreteria Generale della CEI, Lievito di fraternità, sul rinnovamento del clero (2017), il secondo da un dato biografico dell’autore, prossimo all’età del pensionamento. Questo duplice sguardo offre l’occasione di una calda e partecipata lettura retrospettiva della vita del prete, ricca di profondità spirituale e di riflessioni pertinenti che investono i grandi temi della vita presbiterale.