S.E. mons. Claudio Giuliodori, Assistente Ecclesiastico Generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, riconsegna qui con documentata profondità storica il pensiero che guidò i padri fondatori della Rivista, e quindi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, nell’articolare un progetto a sostegno della formazione e della missione che il Clero italiano si trovava a sostenere nel difficile passaggio del primo dopoguerra. Il disegno, annunciato compiutamente già nel primo fascicolo del gennaio 1920, proponeva una «rivista di azione, di battaglie sacerdotali» avviando un’opera sistematica di informazione e di formazione del clero per aiutarlo ad affrontare le complesse sfide di un tempo di grandi tensioni sociali e culturali. Un progetto che mantiene ancor oggi immutata la sua persuasività, nota l’autore: «Nell’attuale cambiamento d’epoca la Rivista dovrà saper dare ai pastori e alle loro comunità strumenti adeguati per affrontare le trasformazioni in atto, conservando il radicamento nell’essenziale della tradizione e tracciando nuovi orizzonti di spiritualità e creatività pastorale».
L’intervento del noto scrittore e saggista Pablo d’Ors, consultore del Pontificio Consiglio della Cultura, è dedicato all’esperienza promettente degli inizi del ministero. Per ciascuno «tutto comincia con una passione e si mantiene – o almeno si dovrebbe mantenere – solamente se questa passione, anche se assume nuovi aspetti, rimane». La questione è quindi «come mantenere vivo il nostro Nicodemo interiore. […] Come preservare l’entusiasmo dal deteriorarsi, come mantenere la nostra capacità di riconoscere i maestri, la nostra necessità di fare le domande necessarie per vivere». L’evangelo risponde con disarmante semplicità a questi interrogativi: «Si tratta di essere figli di nuovo, non padri. Si tratta di essere di nuovo discepoli, non maestri. […] Si tratta di fare l’esperienza di nascere. Siamo venuti a questo mondo per continuare a rinascere, per nascere a una nuova identità, più di una volta. Questa è la rinascita nell’acqua e nello spirito alla quale Gesù ci invita ogni istante».
Alla riflessione sul tempo degli inizi seguono gli interrogativi pacati ma più laceranti della maturità, quando tempo, routine e stanchezza possono offuscare le convinzioni della giovinezza e far vacillare la perseveranza. Luciano Manicardi, priore della comunità ecumenica di Bose, offre una penetrante fenomenologia di questa fase della vita, quando l’inevitabile impatto con la realtà diviene impietoso magistero spirituale. Allora al presbitero che ben conosce la Parola non rimane che ricordare che «spesso Dio agisce sull’uomo per mezzo delle crisi, cioè per mezzo di passaggi faticosi e di eventi scardinanti che obbligano l’uomo di fede a rivedere i propri assetti interiori costringendolo a uscire dalla menzogna, dai compromessi, dalle mezze misure, dalle ipocrisie, e a ritrovare limpidezza, sincerità, autenticità, e a incontrare la propria verità». Nella stagione della maturità, «abitare la realtà» significa fare del ministero il luogo per aderirvi proprio attraverso le contraddizioni che ci presenta e che si mostrano come tentazioni di fuga.
Teresa Bartolomei, docente e ricercatrice presso la Facoltà di teologia dell’Università Cattolica di Lisbona, mette a tema la necessità di coniugare fede e cultura comune per un buon esercizio del ministero sacerdotale. Il suo intervento articola, mediante brillanti e appropriate metafore legate alla vista, l’importanza di saper cogliere alleanze e risonanze di senso nelle espressioni della cultura diffusa. Il suo saggio si ispira alla Scrittura biblica, alla letteratura, anche ai testi rock, con un esercizio rigoroso e lontano da retoriche estetizzanti. L’Autrice suggerisce che oggi, di fronte a un mondo spesso non capito dai cristiani ma da condividere fino in fondo, «forse prima che parole di insegnamento e sapiente illustrazione del vero, si devono trovare gesti di condivisione forte della condizione esistenziale dei propri interlocutori; si deve prendere con tenerezza la loro mano nella propria per tracciare insieme a loro l’immagine in cui il rapporto con Dio torna ad essere senso attuale, vitale, imprescindibile, della nostra esistenza».
Oltre 50 anni fa Dei Verbum affermava icasticamente che «è necessario che i fedeli abbiano largo accesso alla sacra Scrittura» (n. 22). Uno sguardo retrospettivo potrebbe descrivere le grandi luci e le persistenti zone d’ombra del cammino di recezione di questo auspicio. Nella nota che segue mons. Claudio Stercal (docente alla Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale a Milano) si inserisce con semplicità e realismo nel processo postconciliare di riavvicinamento alla Scrittura, nella convinzione che la proposta di una buona iniziativa, semplice e praticabile da molti, rappresenti un ottimo servizio a questa causa. «Nel cristianesimo è così. L’intreccio tra esperienza personale e Bibbia è spesso in grado di illuminare un’esistenza e aiuta talvolta a trovare soluzioni nuove e “geniali” per il proprio tempo, importanti non solo per il lettore, ma per tutta la comunità cristiana e per l’intera società. […] Per questo anche oggi vale la pena favorire una lettura costante attenta e personale della Bibbia. Farlo “insieme” sembra renderlo più facile. Nella speranza che ancora oggi, da qui, possano nascere nuove e “geniali” esperienze cristiane, delle quali un po’ tutti avvertiamo un grande bisogno».
Mercoledì 29 novembre, presentazione del libro “La scienza del divino nel Περὶ κόσμου ps.-aristotelico” di Selene I.S. Brumana all’Università di Macerata.