La lunga chiusura delle chiese patita la scorsa primavera ha trovato una pronta e creativa surroga al distanziamento coatto nella tecnologia digitale che ha segnato, ultima dopo radiofonia e televisione, l’ingresso ufficiale della rete negli spazi liturgici, rendendo riproducibile la partecipazione ai misteri celebrati. Don Giuliano Zanchi, Direttore della Rivista, rilegge in questo originale studio le nuove prassi generate da quell’emergenza, segnalando e approfondendo alcuni nodi ecclesiologici e liturgici latenti, che esse hanno semplicemente messo in evidenza. Da una parte, l’assenza in quelle riprese di una comunità reale ha accentuato un formalismo delle celebrazioni che già era in atto, evidenziando come «la messa era già per molti versi uno schermo dietro al quale era sempre meno reale e concreta la carne vera di una comunità». Dall’altra l’immediato, e talvolta ingenuo, impiego delle nuove tecnologie ha posto la questione di quale sia la consapevolezza della loro insita tendenza a ‘disintermediare’ e assottigliare il valore del ‘corpo’ ecclesiale che celebra: «Una Chiesa non è più niente senza un corpo che la costituisce come luogo di relazioni vive. La liturgia, o è luogo della loro espressione oppure è solo lo spettacolo della loro assenza». I due temi sono connessi, propongono quesiti a cui non vanno date risposte precipitose e sui quali è tuttavia urgente lavorare.
La letteratura sapienziale, pensiero della crisi, porta in sé una provocazione al discernimento che si rivela quanto mai attuale nel tempo presente. Il cardinale José Tolentino Mendonça, noto teologo e poeta, Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, rilegge il messaggio di Qohelet in occasione del discorso, che qui pubblichiamo, tenuto alla XXXII Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei. L’autore sottolinea l’evidente sintonia della riflessione di Qohelet col nostro tempo, particolarmente apprezzabile nella sua capacità di illuminare diversi aspetti della crisi antropologica e culturale di cui oggi si parla poco a motivo della situazione di emergenza sanitaria. Il lettore viene accompagnato e provocato da queste pagine nel riprendere alcuni temi fondamentali, quali la trasmissione della tradizione, la ricerca della felicità e del senso del tempo: la sapienza li illumina in modo incomparabile, poiché essa altro non è che «il rivelarsi di Dio stesso, del suo Spirito che attraversa e impregna di energia santificante la storia e gli avvenimenti».
Lo scorso novembre si è svolto in forma di evento online il convegno che ha segnato la conclusione della prima tappa di quel processo progettuale intitolato, giocando volutamente sull’omonimia, The Economy of Francesco. Il prof. Luigino Bruni, noto storico dell’economia e teorico dell’economia di comunione, docente presso la LUMSA di Roma, responsabile scientifico del progetto, presenta qui le linee ispiratrici e i processi attuativi dell’iniziativa papale. L’articolo sottolinea la peculiarità del coinvolgimento giovanile e del riferimento alla luminosa storia delle iniziative economiche ispirate alla lettura del fatto economico propria della tradizione francescana. L’autore ribadisce la necessità epocale di ripensare il senso dell’economia: «Con il terzo millennio siamo entrati definitivamente nell’era dei beni comuni. Se continuiamo a sentirci proprietari e padroni della terra, dell’atmosfera, degli oceani, continueremo soltanto a distruggerli. Dobbiamo, presto, imparare a utilizzare i beni senza esserne padroni, dobbiamo velocemente apprendere l’arte dell’uso senza proprietà. Nel nostro mondo c’è un infi nito bisogno di gratuità, di charis, di fraternità. C’è troppo bisogno di una economia di Francesco».
Pubblichiamo qui la seconda parte della bibliografia ragionata dei testi più significativi sul vangelo di Marco editi in lingua italiana negli ultimi dieci anni, proposta da don Matteo Crimella, docente di Esegesi del Nuovo Testamento presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano. In questa seconda sezione della rassegna, pensata quale aiuto remoto alla preparazione della predicazione liturgica, vengono recensite le monografie – tesi di dottorato e saggi – che offrono gli spunti più interessanti per l’approfondimento del Secondo vangelo. Ad esse si aggiungono due saggi di taglio più spirituale e pastorale che completano la presentazione del ricco panorama di studi su un vangelo per secoli ritenuto ‘minore’, ma che rappresenta «un tesoro che non smette di interrogare».
Pubblichiamo la seconda parte della riflessione di don Bruno Bignami (Direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della CEI, docente di Teologia morale) sulla Lettera enciclica Fratelli tutti. Dopo aver presentato sul fascicolo precedente il senso della fraternità come ‘il caso serio’ delle relazioni umane e della vita ecclesiale, l’autore dedica queste pagine all’approfondimento di un contenuto antropologico caro a Francesco – l’umanità tutta porta in sé una ferita riguardo la fraternità –, e due indicazioni di metodo che riprendono temi importanti del suo magistero: la necessità di integrare le periferie e di affrontare ogni conflitto con la speranza di un suo superamento. La terza enciclica di Francesco si presenta così quale bussola per la vita sociale, ecclesiale e di ogni persona, realtà accomunate dalla domanda di una nuova chance che sani i molteplici conflitti originati dall’unica matrice della negazione della fraternità.
In occasione del recente centenario della fondazione dell’Istituto secolare delle Missionarie della Regalità di Cristo, p. Giuseppe Buffon, OFM, professore ordinario di Storia della Chiesa presso la Pontificia Università Antonianum di Roma, illustra i tratti specifici della secolarità consacrata, animata dall’intuizione di realizzare in modo originale la missione per il Regno di Dio «dall’interno del mondo» da parte di persone laiche pienamente inserite nella società. Lo studio illustra alcuni tratti caratteristici di questa vocazione, quali il riserbo e l’esclusione di vita comune o di opere proprie dell’Istituto, ripercorrendo la storia della faticosa approvazione canonica di questa forma di vita, in seguito valorizzata dagli interventi dei Papi dopo il Concilio, specialmente di Paolo VI, che maggiormente sviluppò una profonda riflessione su questa forma di vita.