La libertà religiosa (il cui principio costituisce una delle acquisizioni più significative del rinnovamento conciliare, sancita dalla dichiarazione Dignitatis Humanae) oggi è fortemente minacciata non solo in Paesi non democratici (si pensi al Medio Oriente, a Myanmar, alla Cina e a molti altri luoghi), ma anche alle nazioni di tradizione democratica. L’articolo di Teresa Bartolomei (docente alla Facoltà di Teologia presso l’Università Cattolica di Lisbona) mette infatti in evidenza che il principio della libertà religiosa in alcune nazioni occidentali viene usato come strumento di affermazione di soggetti politici che talvolta si avvalgono del sostegno religioso per realizzare disegni egemonici coercitivi. Si vengono così a verificare scenari di polarizzazione politica e sociale divisiva, come accaduto di recente negli Stati Uniti, dove il pluralismo da ricchezza di integrazione sociale dei diversi diventa terreno di scontro. L’Autrice mostra come in tal modo i valori cristiani vengono pervertiti nel loro contrario: verità e violenza sono radicalmente alternative. Dobbiamo tenerlo ben presente quando si rischia di offrire «il proprio capitale spirituale in cambio di garanzie materiali per gli interessi della comunità ecclesiale e della promessa della tutela legislativa di una griglia di valori (che privilegiano invariabilmente le questioni bioetiche e di genere a scapito di quelle relative alla giustizia e alla solidarietà)».
La riflessione avviata da don Giuliano Zanchi sullo scorso numero della Rivista – nella quale si mettevano a tema le fatiche della celebrazione liturgica in epoca pandemica – viene qui ripresa e approfondita da Andrea Grillo, docente di Teologia Sacramentaria presso la Facoltà teologica del Pontificio Ateneo S. Anselmo di Roma. Il saggio riprende due caratteristiche necessarie alla realizzazione dell’azione rituale, la ‘distrazione’ e la ‘percezione della fragilità’, che le condizioni sanitarie ancor oggi imposte alle liturgie tendono a cancellare dall’esperienza celebrativa. Così, senza distrazione/abbandono di sé e senza espressione della fragilità, la comunità fatica a celebrare: «La liturgia cristiana non sta semplicemente “di fronte” alla fragilità, ma esige una esplicita “forma fragile” che oggi ci è preclusa. Nella liturgia accade una “perdita di controllo di sé” – e un “affidamento corporeo all’altro” – che oggi è diventata assai difficile, per non dire impossibile». Tuttavia, auspica l’autore, poiché un’evidente ingessatura dei riti era presente ben prima delle norme sanitarie imposte nell’ultimo anno, il bisogno ora fortemente avvertito di recuperare espressività vitale e relazione comunitaria potrà favorire il transito verso celebrazioni liturgiche finalmente libere dai tanti protocolli impliciti a molte routine liturgiche.
Anche se Qohelet non viene solitamente ricordato per il vocabolario della gioia o l’invito a godere della vita, il tema non è tuttavia marginale nella visione dell’uomo di questo libro biblico1. Mons. Roberto Vignolo, docente di Esegesi presso la Facoltà teologica di Milano, motiva nel suo saggio la centralità e la rilevanza di questa area semantica che si pone quale contrappeso alla percezione dello hevel, dell’inconsistenza dell’agire umano, non quale semplice forma di ‘narcotico’ o compensazione per la deludente visione del mondo, bensì quale forma dell’adempimento della volontà di Dio. Nei suoi ‘ritornelli’ sulla gioia «Qohelet cerca di rispondere alla domanda come vivere gioiosamente da creature mortali, sapendo di morire – e di dovere fronteggiare talora situazioni assurde –, eppur godendo di vivere. Per lui la posta in gioco […] è accettare di stare in tensione, nella disuguale differenza tra “niente e tutto”, “tra la morte e la gioia di vivere”, sapientemente abbracciate nel timore di Dio».
Prosegue con l’intervento di don Guglielmo Cazzulani, docente di Teologia Spirituale presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Crema-Cremona-Lodi, il ciclo dedicato ai vizi capitali. Il suo saggio presenta l’itinerario percorso dall’accidia, dai suoi esordi quale indesiderata e pervasiva compagnia del monachesimo eremitico fino al suo affermarsi quale «vizio che tutto inghiotte» e attenta alla speranza di ciascuno, senza distinzione di stato. Nella sua manifestazione più acuta non è solo una tentazione che smorza il fervore del cristiano, ma è anche un avversario che scuote la vita fin nelle sue fondamenta. Per questo merita particolare attenzione e un riguardo specifico ai suoi antidoti: preghiera, lacrime, decisione nel combattimento spirituale e capacità di resilienza nel tempo.
La riflessione di don Alberto Carrara, parroco e già Delegato vescovile per la cultura e gli strumenti di comunicazione sociale nella diocesi di Bergamo, si pone in continuità con il suo contributo pubblicato sul n. 4/2020, nel quale si descrivevano i contorni di una situazione ecclesiale percepita come critica e inevitabilmente orientata al declino. Queste pagine, prendendo le mosse dalla constatazione del vissuto di paura che sovente abita le comunità ecclesiali a motivo delle incertezze generate dai radicali cambiamenti che investono la Chiesa, recensiscono le reazioni che cercano positivamente di superare o almeno attraversare questa crisi. Alla paura si può reagire prendendo atto della realtà, affrontandola. Certo, appaiono meno produttivi gli atteggiamenti che in vario modo negano l’ora presente: «Le nostre ansie attuali sono forse dovute alla nostra diffusa sensazione di essere in pericolo perché stiamo transitando verso un’altra riva. È probabile che il tempo aiuti i credenti ad acclimatarsi alle onde e, insieme, ad attrezzarsi per affrontarle. […] È ciò che, in diverse comunità cristiane, sta già avvenendo. In questi casi, la paura non blocca e non rende aggressivi, ma diventa stimolo positivo per cercare nuove risposte a nuove e antiche provocazioni».
Lo scorso 29 ottobre è stata presentata la nuova edizione trilingue del Nuovo Testamento (greco, latino, italiano), pensata quale strumento a servizio della Parola e della sua predicazione. Abbiamo chiesto di recensire il volume a don Matteo Crimella, docente presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, che presenta con puntualità le significative novità di questa importante opera rispetto agli analoghi strumenti già disponibili in lingua italiana.
Sabato 16 dicembre presentazione di "Le fiabe non raccontano favole" di Silvano Petrosino a Verona: diventare donna attraverso Cappuccetto Rosso, Biancaneve e Cenerentola.
Un estratto dal libro "Si destano gli angeli" di Tomáš Halík, per confortare, incoraggiare e ispirare “chi è ancora in cerca di altro” in questi tempi difficili.
Il magazzino Vita e Pensiero resterà chiuso per le festività dal 24 dicembre. Prima della chiusura sarà possibile spedire i volumi ordinati entro la mattina del 19 dicembre. Le spedizioni riprenderanno regolarmente l'8 gennaio 2024. Puoi acquistare e scaricare articoli digitali e ebook in ogni momento, anche durante la chiusura. BUONE FESTE!