L’enciclica Fratelli tutti si pone esplicitamente nella scia del magistero sociale della Chiesa. Tuttavia, gli scorci finali del testo sul mistero della Chiesa fanno legittimamente sorgere la domanda se essa non sia in realtà un’enciclica ecclesiologica a tutti gli effetti. L’accurato studio di don Dario Vitali, docente di Ecclesiologia presso la Pontificia Università Gregoriana, sviluppa l’interrogativo mostrando come il testo, in stretta continuità col Concilio Vaticano II, applichi alla fraternità universale le note che definiscono la Chiesa e regolano la «mutua interiorità» tra Chiese particolari e Chiesa universale. «Si potrebbe dire – conclude l’autore – che nell’enciclica il papa esprime ad extra per tutti quello che già la Chiesa dovrebbe essere – e vivere – ad intra: non chiede ad altri ciò che già non incomba come dovere a quanti, avendo ricevuto in dono la carità, sono chiamati a tradurla in quello che papa Francesco qualifica come “carità sociale” o “amore politico”: quell’amore che spinge a unirsi “per dare vita a processi di fraternità e di giustizia per tutti”».
Nel quadro dei molti e complessi temi implicati nell’ambito della sinodalità, non secondario è quello che riguarda i processi e le modalità decisionali, reso più acuto dal fatto che i fedeli si trovano a essere al contempo cittadini di una società democratica. In essa ognuno di loro esercita i propri diritti e assimila forme di partecipazione alla vita comune connotate da dibattiti aperti, confronti anche conflittuali e precise modalità decisionali. P. Ugo Sartorio OFMConv., docente incaricato di Teologia sistematica presso la Facoltà teologica del Triveneto (PD), affronta apertamente il delicato argomento in una documentata riflessione che mette in rassegna molti autorevoli punti di vista ecclesiologici sulla particolare relazione fra democrazia e sinodalità. Posto che «le istanze e le decisioni prese in modo sinodale hanno come riferimento irrinunciabile non la maggioranza, ma la stessa rivelazione di Dio in Gesù Cristo, che è stata donata all’intero popolo dei battezzati», occorre però ovviare al disagio avvertito da molti cristiani, soprattutto laici, dovuto al fatto che non raramente i «momenti della consultazione e della deliberazione non sono sufficientemente articolati tra di loro, per cui la tanto conclamata corresponsabilità non trova riscontro concreto in processi che vedono alcuni nel ruolo di “comparse” e altri, in genere il clero e i pastori, in una posizione preminente».
Il contributo di Francesco Stoppa, noto saggista e psicanalista di orientamento lacaniano, affronta in termini ampi un tema, quello dell’istituire, che riguarda strettamente ogni organizzazione umana, e quindi anche la Chiesa, densamente costellata da istituzioni originariamente pensate a servizio dell’evangelizzazione. La riflessione articola la necessaria e irrisolvibile tensione dialettica fra stasi e movimento, continuità e discontinuità, conservazione e rottura che caratterizza ogni istituzione che voglia mantenersi in vitale continuità con l’intuizione che l’ha generata, chiedendosi come evitare gli esiti nefasti della sclerosi alienante o della dissoluzione anomica, dato che: «ogni fondazione istituzionale contiene, nascosti, la continuità di un mandato e la sua rottura – l’assassinio e la filiazione». Di conseguenza, solo la capacità e il coraggio di mettere costantemente in crisi gli assetti ordinari e consolidati dei dispositivi istituiti può garantire le condizioni necessarie affinché essi stiano al passo con la vita e con le mutevoli esigenze del presente. Questo è possibile solo sorvegliando l’esercizio del potere ‘paterno’ e introducendo la dinamica ‘fraterna’, pensata come una modalità di legame istituente, non alternativa ma supplementare a quella più tradizionalmente gerarchica. Come si intuisce, il testo offre al lettore interessanti spunti di ripensamento e attualizzazione del tema nel contesto ecclesiale.
L’ascolto è una delle parole chiave del pontificato di Francesco. In questi mesi il tema ritorna con forza in relazione al processo sinodale avviato dalla Chiesa italiana. È anche la chiave di lettura di questa bella riflessione di Agnese Moro, figlia dello statista rapito e assassinato nel 1978, giornalista pubblicista per il quotidiano «La Stampa», che servendosi di un genere letterario non usuale per la Rivista confessa con passione, chiarezza e trasparenza il proprio sguardo sulla Chiesa italiana, provando a tracciare fra punti di opacità e di luce una via di speranza. Per i lettori, una preziosa occasione di confronto con l’esperienza di una cristiana ‘adulta’ che vive con convinzione il suo essere Chiesa; per i Pastori, in particolare, la possibilità di un esercizio ascolto.
Nei mesi di ottobre e novembre la liturgia feriale proporrà la meditazione della Lettera di Paolo ai Romani, testo complesso, dalla singolare densità teologica e per questo molto frequentato da commenti e interpretazioni. L’ampio e aggiornato studio di sr. Anna Maria Borghi si propone di offrire una bibliografia ragionata quale strumento per la preparazione della predicazione. Il contributo è organizzato come una presentazione delle fondamentali ‘soglie d’ingresso’ che possono introdurre al mondo di questa importante epistola: anzitutto le principali prospettive di lettura di Paolo, quindi i commentari più significativi, infine i testi più specificamente teologici che seguono il filo argomentativo del testo. L’autrice auspica così che il suo lavoro «susciti innanzitutto il desiderio di esporsi con minor reticenza al mondo della Lettera ai Romani per lasciare che la plausibilità delle Parole dell’Apostolo persuadano il credente che è in noi della loro affidabilità».
Lo scorso maggio si è spento presso l’abbazia Saint Marie de la Pierrequivire p. Ghislain Lafont O.S.B., noto teologo e maestro spirituale nel solco del Vaticano II, che ha inciso profondamente nel pensiero ecclesiologico post conciliare. Stella Morra, docente di Teologia fondamentale presso la Pontificia Università Gregoriana, allieva di Lafont e costante interlocutrice del suo pensiero, ne tratteggia qui la personalità, offrendo una densa e interessante ripresa di alcune linee del suo tracciato teologico. Esse si concentrano sui temi di una necessaria riconfigurazione del cristianesimo in corrispondenza ai mutamenti culturali introdotti dall’età moderna.
Pubblicata la tesi di Caoduro, sul ruolo della diplomazia sportiva tra Stati Uniti e Cina, vincitrice della sezione Vita e Pensiero del Premio Gemelli.