Queste pagine di mons. PierAngelo Sequeri aprono prospettive inedite e promettenti per meglio intendere e sviluppare l’escatologia cristiana. Ne sono come un originale manifesto, anzitutto annodando sapientemente il già e il non- ancora attraverso le risorse dell’immaginazione teologica: «In che modo abbiamo accesso, nell’immanenza di questa vita, a ciò che la trascende?». È la Rivelazione stessa ad attestarlo quando afferma che il regno di Dio è la destinazione dell’intera storia umana e della creazione. La materia prima delle immagini del regno è la vita quotidiana, secondo la predicazione di Gesù. La volontà di Dio è il suo riscatto, non la sua cancellazione in una vita eterna dove non accade più niente e si è puri soggetti passivi: «La “vita del mondo che verrà” non sarà senza vita e senza mondo». Su questo sfondo l’articolo propone una luminosa lettura di alcune categorie essenziali per entrare nel mistero delle cose ultime: la proaffezione di Dio, il suo giudizio, l’iniziazione al compimento della vita. Si può così avviare il ripensamento di un capitolo della fede cristiana tanto importante quanto negletto, per riconsegnarlo alla speranza di tutti noi.
Dobbiamo francamente riconoscere che oggi la celebrazione delle esequie risente dell’afasia che affligge la coscienza cristiana a proposito delle cose ultime. Non di rado infatti i funerali vengono celebrati come un evento di routine. Eppure il congedo da un fratello meriterebbe la miglior cura e le parole più appropriate: si muore una sola volta. Il dolore di chi rimane esige la prossimità di una comunità premurosa, capace di parole a cui appoggiare la speranza. A questo importante capitolo della pastorale don Giuliano Zanchi dedica una riflessione acuta e intensa, indicando gli atteggiamenti di fondo con cui disporsi quando si parla di fronte alla morte di un amico e al vuoto che lascia: «Vedere il dolore è la fondamentale attitudine del ministero della Chiesa, che consegna al mistero di Dio il nuovo inizio di ogni fine».
Dei cosiddetti novissimi, il Purgatorio è oggi il più negletto, forse anche per l’implausibilità delle interpretazioni teologiche punitive o pedagogiche con cui per secoli se ne è parlato. La personalissima riflessione di Teresa Bartolomei (membro della redazione della rivista e docente all’Università Cattolica di Lisbona) riassegna un senso alla nozione di purgatorio proponendone una visione persuasiva e teologicamente inappuntabile, omogenea alla parola e allo spirito del Vangelo.
Lo psicoanalista Francesco Stoppa – autore di diversi e fortunati saggi, già attivo nel Dipartimento di salute mentale di Pordenone – sottolinea in questo articolo quanto sia importante la consapevolezza della morte per allenare l’io all’idea della precarietà, cifra della condizione umana: «Riconciliarci con il limite è una cura dimagrante per il nostro ego». In un’epoca in cui si affermano indiscussi l’ipertrofia dell’io e il primato del suo godimento, i sentimenti del limite e della mancanza sono una custodia salutare rispetto all’autoreferenzialità, a «quell’esistenza blindata, senza perdite o ferite, che è l’anticamera dell’inferno», afferma efficacemente Stoppa. Possono così rendersi abitabili gli spazi dei legami sociali, dell’alleanza con gli altri e insieme l’apertura al mistero e alla trascendenza della vita.
Pubblichiamo, a suggello di questo dossier sulla vita eterna, una preghiera molto intensa apparsa trent’anni fa come conclusione della lettera pastorale del card. Martini Sto alla porta e busso. Si tratta di una meditazione sotto lo sguardo di Dio a proposito del tempo che ci è assegnato da vivere e che risalta in tutto il suo peso e la sua preziosità di fronte al limite della morte. Nelle parole di questa preghiera trova eco la drammatica esperienza dell’inadeguatezza e dello smarrimento che ogni uomo si trova a vivere al cospetto delle cose ultime. Ma insieme questi segni della nostra fi nitezza sono accolti e riscattati dalla benevolenza e misericordia purifi catrici di Dio, dalla sua ostinata fedeltà e inesauribile cura.
Il perdurare del conflitto tra Federazione Russa e Ucraina rende opportuno ritornare sul tema, questa volta mettendo a fuoco il ruolo delle Chiese europee nella ricerca della pace. Mons. Gianni Ambrosio, vescovo emerito di Piacenza-Bobbio e già vicepresidente della Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione europea, offre in questo contributo una puntuale presentazione della complessa situazione religiosa delle Chiese ortodosse coinvolte nel conflitto, e descrive le linee di intervento della Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea e della Conferenza delle Chiese Europee in favore di un superamento delle incomprensioni. Particolare attenzione viene posta all’azione di papa Francesco segnata da un equilibrio dinamico fra prudenza e audacia spesso incompreso, ma che rappresenta un instancabile impegno nel favorire il dialogo, «certamente difficile, ma imprescindibile». A questo dialogo «possono dare un importante apporto le Chiese, ma occorre che le comunità religiose non si chiudano in sé stesse, perdendo la loro autorità morale e la loro responsabilità per la vita di tutti e per la pace tra i popoli».
La preparazione dell’omelia domenicale è un momento della preghiera personale di ogni ministro e contestualmente anche occasione per la sua formazione biblica e teologica. Il bel testo, agile e ricco, di don Lorenzo Flori, biblista e docente a Bergamo presso il Seminario e l’ISSR, viene offerto in questa chiave. Esso offre gli elementi fondamentali per conoscere il complesso letterario e teologico di Isaia, così centrale nei tempi di Avvento e Natale e nel loro contesto liturgico. La statura eccezionale di Isaia accende una luce teologica imprescindibile alla comprensione del mistero dell’incarnazione del Figlio e della sua opera di redenzione.
Il 13 giugno a Roma si parla di "Sud. Il capitale che serve" di Borgomeo con Quagliarello, Francesco Profumo, Graziano Delrio, Nicola Rossi e Raffaele Fitto.