Sabato 30 aprile 2022, nel Duomo di Milano, verrà beatificata Armida Barelli (1882-1952). La sua biografia si presenta particolarmente ricca e contribuisce a definire il profilo di una donna di prima grandezza nel panorama italiano della prima metà del ‘900. Ernesto Preziosi, vicepostulatore della causa di beatificazione, ripercorre in questo studio i tratti salienti di una vita impegnata e feconda, che seppe interpretare l’originale femminile in chiave credente capace di offrire un contributo unico alla Chiesa del suo tempo: sia operando nella Gioventù femminile di Azione Cattolica a favore dell’emancipazione della donna, sia contribuendo alla fondazione e allo sviluppo dell’Università Cattolica e alla formazione liturgica popolare. «Questo intenso lavoro della Barelli, che l’accompagna per decenni fino al secondo dopoguerra, contribuisce in modo determinante da un lato al radicamento dell’Azione Cattolica in tutte le diocesi italiane, dall’altro a dare alle giovani e alle donne italiane una consapevolezza del proprio ruolo sociale e politico, che si manifesterà in modo eclatante nel percorso che conduce il Paese alla democrazia e alle scelte della Costituzione».
Don Franco Manzi, biblista e docente presso la Facoltà teologica di Milano, torna sul capitolo 9 del vangelo di Giovanni per esplorare la relazione fra malattia e volontà di Dio che, come noto, nel quarto evangelista si dispiega narrativamente nella forma di una sorta di istruttoria processuale. Il tema, percepito acutamente nei periodi più difficili della pandemia, è di quelli che non cessano di interrogare i credenti ed è strettamente connesso alle variazioni delle immagini di Dio che popolano le menti religiose. Seguire il dipanarsi del racconto giovanneo significa quindi disporsi a rinfrancare una visione effettivamente evang elica della visione di Dio, recuperando il Suo vero volto, di fronte al quale i credenti di ogni generazione sono chiamati a prendere posizione, incoraggiati dal finale aperto di questa narrazione.
L’articolo riflette sulle interpretazioni dell’insegnamento della religione nella scuola italiana, considerate sullo sfondo più generale – e come conseguenza – dei rapporti che la religione intrattiene con la cultura del nostro tempo, una disciplina che sembra finita «dietro la lavagna», perdendo «la sua caratura di dimensione originaria e di questione trasversale, di peso anzitutto antropologico, poi certamente storico, ma anzitutto spirituale e civico». Don Giuliano Zanchi legge sullo sfondo delle vicende del religioso dal sorgere dell’epoca moderna a oggi, l’odierna marginalità culturale del sapere teologico e la corrispondente riduzione della religione a «ritardata sociale», reagendo e perorando la causa di una cultura religiosa cosciente del suo oggetto e all’altezza del suo compito: «Il tema della religione è oggi la questione dell’uomo, della sua irriducibilità agli schemi della predeterminazione biologica, della sua originaria costituzione simbolica, della sua strutturale vocazione sociale, della sua intrinseca trascendenza desiderante». La tesi esposta si compone con altri studi contenuti nel volume a cura di L. Mortari e M. Ubbiali, Educare a scuola. Teorie e pratiche per la scuola primaria (Pearson 2022), un testo di ampio respiro culturale, che si propone di riaccendere la luce del dibattito pubblico sulla scuola.
Si conclude qui lo studio di Arnaud Join-Lambert, docente di Teologia pastorale presso l’Università cattolica di Lovanio. La prima parte del saggio, pubblicata sul precedente numero della Rivista, ha preso in esame l‘evoluzione storica dei Concili provinciali, eventi rari della vita ecclesiale odierna, ma attestati e riconosciuti come importanti sin dall’antichità, nuovamente previsti dal Concilio Vaticano II come strumenti atti ad accrescere lo spirito di collegialità. In questa seconda parte l’autore studia il concilio provinciale di Lille (-Arras-Cambrai), unico concilio stricto sensu celebrato nel mondo francofono dopo il Vaticano II, sottolineando come quell’esperienza abbia rappresentato un’occasione di rafforzamento della Chiesa locale, del suo episcopato e della Chiesa intesa come popolo di Dio e tempio dello Spirito: «Un’opportunità offerta per la ricezione del concilio Vaticano II e per la missione».
Salvatore Currò, religioso della Congregazione di S. Giuseppe e direttore dell’Istituto di Teologia pastorale dell’Università Pontificia Salesiana, propone qui un’ampia e meticolosa presentazione del nuovo Direttorio per la catechesi proponendosi di mettere a fuoco l’orizzonte teologico-pastorale che lo ispira. Nel contempo prova a saggiarne l’attitudine a sostenere le sfide ecclesiali e culturali del nostro tempo. La sua analisi rileva un punto di debolezza nell’impostazione di fondo, che tende a privilegiare la prospettiva dell’evangelizzazione su quella della rivelazione: «il DC comincia dalla Rivelazione ma senza cominciare davvero dalla Rivelazione, perché di fatto comincia dalla missione evangelizzatrice della Chiesa. Ma la missione evangelizzatrice vive della Rivelazione. E la Rivelazione è irriducibile a contenuto da trasmettere, anche se si fa contenuto». La scelta tende a riverberarsi in una proposta che intende in modo unilaterale l’azione ecclesiale verso il mondo e la cultura, sfocando la percezione della «struttura di rivelazione dell’esistenza […] cioè di quell’iniziativa altra che ci abita radicalmente, dove la fuga da Dio e la fuga da noi stessi e dagli altri si intrecciano misteriosamente e dove un richiamo pasquale (di passaggio dalla morte alla vita) è già iscritto e ha anche bisogno di essere risvegliato e rivelato. La catechesi ha il compito di far risuonare la Pasqua mentre si risveglia il dinamismo pasquale dell’esistenza».
La rubrica Terza pagina propone una rilettura del recente fi lm di Adam McKay, Don’t look up (USA 2021, 138 min.), che descrive le reazioni di potere politico e comunità scientifica di fronte all’imminente prospettiva della distruzione del pianeta a causa della collisione con una grande cometa. Don Paolo Alliata, prete della diocesi di Milano e grande appassionato di letteratura, coglie il rimando della narrazione filmica alla cometa di Betlemme e sviluppa una serie di pertinenti rimandi teologici al racconto di Matteo: l’evidente tratto parodistico del film, che prende di mira la cecità del potere in ordine al bene comune, consegna una suggestione che l’episodio dei Magi rilancia: «la gioia ha a che fare con un cammino di consapevolezza. Sorge dalla accettazione dei dati di fatto. Dipende dall’impegno che mettiamo nel cammino, dall’amore con cui affrontiamo l’avventura di stare al mondo, coltivando i legami che nutrono la vita e ascoltando le voci dei profeti».
Il 13 giugno a Roma si parla di "Sud. Il capitale che serve" di Borgomeo con Quagliarello, Francesco Profumo, Graziano Delrio, Nicola Rossi e Raffaele Fitto.