Si sta per concludere l’«Anno Famiglia Amoris Laetitia», indetto da papa Francesco a cinque anni dalla pubblicazione dell’Esortazione post-sinodale con l’intenzione di rilanciarne una ricchezza di indicazioni pastorali fiorita da quella iniziativa e forse ancora non pienamente compresa. Pubblichiamo qui il denso intervento di mons. Luca Bressan, pastoralista, vicario episcopale della diocesi di Milano e membro della redazione della Rivista, che riflette sul n. 200 dell’Esortazione vedendovi un fondamentale appello a considerare in modo nuovo l’intero approccio pastorale alle questioni della famiglia. Il saggio mostra come il passaggio auspicato si trovi prefigurato nell’immagine conciliare di famiglia come «Chiesa domestica» che, correttamente intesa nel suo valore analogico, si presta a una riconsiderazione della vita familiare quale elemento prezioso per un’evangelizzazione naturalmente inserita nelle dinamiche storiche e antropologiche dei contesti di vita abitati dalle comunità cristiane: «La comprensione della figura della “Chiesa domestica” nei termini di una analogia è perciò dirimente. Permette alla famiglia di vedere il lato trascendente e soprannaturale della propria fecondità biologica e sociale, da un lato; permette alla Chiesa di trovare il punto di innesco del processo di incarnazione del ministero di santificazione del mondo, vero e proprio atto generativo regalato da Dio al mondo sin dalla creazione».
Nei giorni in cui viviamo l’atteso allentamento delle misure sanitarie imposte dalla pandemia, il contributo del prof. Dominique Jacquemin, teologo e docente di Etica presso l’Università cattolica di Lovanio, invita a riflettere sugli effetti, più o meno visibili, che le restrizioni vissute durante l’emergenza, concepite quasi unicamente in termini di restrizioni sanitarie, hanno avuto nel mortificare alcune dimensioni costitutive dell’umano. Tali esperienze di avvilimento sono state concretamente sperimentate sia nell’accompagnamento spirituale in tempi di crisi sanitaria, sia nella cura pastorale dei defunti e dei funerali, sia nei risvolti più personali dei decorsi clinici. Nel loro insieme esse hanno riproposto un bisogno di cura spirituale come dimensione essenziale dell’uomo, legata a quelle questioni del senso che l’emergenza sanitaria ha fatto riaffiorare con acutezza inconsueta. Le sfide proposte alla crisi pandemica hanno impartito lezioni dalle quali trarre insegnamento per un futuro nel quale divenire tutti più consapevoli del proprio modo di abitare il mondo ed essere in relazione con gli altri: in parole semplici esse hanno riaperto «la questione delle finalità, umanamente e spiritualmente», prospettando «un compito davvero tanto difficile ma d’altro canto vitale».
Il saggio che segue prende le mosse dalla constatazione della crisi «di natura sistemica» della ministerialità nella Chiesa e cerca di proporre un approccio altrettanto radicale che possa favorire, complice il momento favorevole aperto dalla riflessione sinodale, un’evoluzione strutturale nelle modalità di comprendere la prassi ecclesiale. L’autore, don Antonio Lattanzio, giovane presbitero della diocesi di Bari e ricercatore presso l’Institut Catholique de Paris, sostiene che sarebbe possibile ripensare oggi più efficacemente la ministerialità ecclesiale articolando due approcci teologici, entrambi appartenenti alla nostra tradizione: la teologia della Chiesa come «Corpo mistico di Cristo» e la teologia della Chiesa come «Popolo di Dio»: «nella Scrittura, così come nella Tradizione della Chiesa, non è pensabile una ministerialità al di fuori di un legame di alleanza, vale a dire, un legame di appartenenza e fedeltà a Dio e, al contempo, appartenenza e fedeltà al Popolo di Dio, da Lui eletto e costituito “sacramento” della sua presenza».
La stagione pandemica ha moltiplicato le esperienze di dolore e di lutto, riportando drammaticamente all’attualità la questione circa l’origine e il senso della sofferenza, in particolare quella patita dell’‘innocente’. Essa interroga l’uomo religioso con particolare incalzante intensità. Don Francesco Scanziani, docente di Antropologia teologica presso il Seminario della diocesi di Milano e la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale, affronta in questa agile e acuta riflessione la sfida dipensare cristianamente il tema, rifuggendo le scorciatoie razionalizzatrici e spiritualizzanti: la narrazione biblica insegna che «il male è male. Punto e basta. Occorre il coraggio di assumerne la tragicità e di guardarlo in faccia. Non ha alcun senso. Anzi, pretende di negare ogni senso. […] Se dunque qualcuno si trova senza risposta, perlomeno ora sa che anche Dio condivide la domanda. E può cercare di sostenerla… non più da solo!».
Il prossimo settembre si celebrerà a Karlsruhe la XI Assemblea generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese. Il prof. Riccardo Burigana, docente di Ecumenismo presso la Facoltà teologica dell’Italia centrale, presenta con questa documentata nota il recente cammino ecumenico, segnato dalla recezione del documento Chiesa: verso una visione comune, redatto dalla Commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese in vista della precedente Assemblea generale (Busan 2013). L’analisi mostra come negli ultimi dieci anni il dibattito sulla Chiesa sia proseguito nella ricerca di soluzioni non provvisorie alle questioni teologiche ancora aperte, sulle quali tutte le Chiese, anche nel contesto del dialogo ecumenico, provano a interrogarsi, seppure a livelli di coinvolgimento molto diversi da chiesa a chiesa, e anche all’interno stesso delle singole chiese. Il contributo inaugura la nostra rubrica Mai senza l’altro che la Rivista dedica alle questioni ecumeniche e interreligiose.
Lo scorso febbraio si è tenuto l’annuale Convegno teologico della Facoltà teologica di Milano dal titolo: La possibilità della fede. Testimoniare il Vangelo nello spazio pubblico, pensato in vista di una riflessione sui cambiamenti di forma che il cristianesimo sta attraversando in Europa. Pubblichiamo qui un interessante intervento della professoressa Annemarie C. Mayer1, docente di Dogmatica e Storia del dogma alla Facoltà di teologia di Treviri, che inaugura la nostra rubrica Chiese dell’altro mondo, dedicata al confronto con esperienze ecclesiali straniere. La riflessione, che offre puntuali categorie e strumenti per comprendere le trasformazioni in corso, si apre offrendo uno sguardo sintetico sulle Chiese di Austria, Germania e Svizzera, accomunate dalla forte crescita numerica di cittadini non appartenenti a nessuna Chiesa o religione. L’autrice sostiene che tale esodo sia attribuibile al movimento più generale di scristianizzazione che, per la Chiesa cattolica tedesca, viene aggravato da un processo interno di «de-churching», come reazione agli scandali finanziari e sessuali emersi negli ultimi anni. Ma la più grande carenza della Chiesa cattolica di area tedesca, divenuta particolarmente evidente negli ultimi due anni della pandemia, sembra essere costituita da una clamorosa mancanza di cura pastorale, dovuta a carenze interne e sistemiche, non riferibili all’incapacità dei singoli.