Della complessa figura di Gabriele De Rosa si fornisce un profilo tagliato in funzione di
uno dei principali ambiti in cui egli esercitò la sua intensa e multiforme attività di studioso e di intellettuale impegnato sul terreno civile e politico-culturale, l’ambito attinente all’indirizzo di storia sociale e religiosa di cui egli fu iniziatore e caposcuola in Italia. È proposta una lettura del suo articolato itinerario biografi co ed è tracciata una prima ricostruzione del suo originale indirizzo di ricerca storico-religiosa: da un lato se ne individuano linee ispiratrici, impianto metodologico e apporti storiografi ci, facendo riferimento ai più signifi cativi studi prodotti, dall’altro se ne seguono l’evoluzione e gli sviluppi nell’arco del quarantennio che va dalla sua nascita alla metà degli anni Sessanta ai nuovi orizzonti prospettati da De Rosa nel mutato contesto di fi ne Novecento e primo lustro del secolo XXI.
Gabriele De Rosa, a scholar with intense and varied intellectual pursuits, was committed
to the civil and political-cultural terrain. This profile of De Rosa focuses on his work as
originator and intellectual leader in Italy of the social and religious history, which is the most important area of his scholarship. A preliminary reconstruction of his original historical-religious research path is developed through a biographical reading of his life’s work. This article identifies his inspiring lines, methodological frame work, and historiographical contributions, making reference to his most significant studies and following the evolution and development of De Rosa’s four-decade long career, since his initial work in the mid-1960s till the new horizons he advanced in the changed context of the end of the twentieth and beginning of the twenty-first centuries.
Le ricerche a proposito delle vicende che coinvolgono Pietro da Verona, frate Predicatore ucciso sulla strada fra Como e Milano nella primavera del 1252 e canonizzato in meno di un anno, hanno prodotto negli ultimi anni importanti contributi, che permettono di tracciare un quadro meno impreciso. Resta tuttavia l’impressione che sulla ricostruzione della vita di quello che sarà venerato come san Pietro Martire pesi – tanto nelle ricostruzioni agiografiche quanto in quelle storiografiche, sebbene in direzioni opposte – il suo ingombrante destino post mortem. Il contributo cerca di chiarire la posizione di Pietro da Verona nello scacchiere religioso e politico milanese, e più in generale relativo all’Italia Settentrionale, alla metà del XIII secolo, per far luce sulla congiura che porterà all’uccisione. Vengono inoltre presi in considerazioni
alcuni documenti, fi no ad oggi piuttosto trascurati dalla ricerca, a proposito delle
confraternite laicali milanesi, la cui fondazione si fa risalire allo stesso Pietro, che paiono
gettare nuova luce anche su questi aspetti. Il quadro fa risaltare una continuità sostanziale fra gli interventi di fra Pietro in vita e la promozione del suo culto dopo la morte, nelle strategie più ampie dei Predicatori e della sede apostolica.
Research into the events surrounding Peter of Verona, a Dominican friar killed on the
road between Como and Milan in the Spring of 1252 and canonized less than a year later, has produced important studies in the last few years, which now allow us to draw a more precise picture. The impression remains, however, that the reconstruction of the life of the person who was to be venerated as St. Peter the Martyr – both in its hagiographical and historiographical versions, though in opposite senses – is influenced by the importance of his destiny post mortem.
This paper aims to clarify Peter’s position in the religious and political Milanese chequer
board, and more generally, in that of northern Italy in the mid-thirteenth century, to shed light on the conspiracy which was to lead to his killing. It also takes into consideration a number of documents, which scholars have so far tended to neglect, regarding the Milanese lay confraternities, whose foundation is made to date back to Peter himself, which appear to shed light on these aspects. The picture which emerges shows a substantial continuity between Peter’s
activities in life and the promotion of his cult after his death, in the wider strategies of the Dominican Order and the Papacy.
Gli storici hanno da lungo tempo rivolto la loro attenzione alle imprese militari e politiche
compiute in Italia dal cardinale Egidio Álvarez de Albornoz, dato che la restaurazione del
potere temporale della Chiesa è stato il grande impegno politico del cardinale, considerato il secondo fondatore della Stato della Chiesa. In conseguenza della forte attenzione alla fase italiana delle attività di Albornoz, la sua formazione culturale e la sua attività come arcivescovo di Toledo, primate di Spagna e gran cancelliere del regno di Castiglia sono state largamente ignorate dagli storici. Questo articolo intende colmare queste lacune in tre direzioni, politica, pastorale e culturale. Per quanto concerne l’Italia, ciò che emerge è una visione della Chiesa che prioritariamente non era ecclesiastica ma politica, essendo il papato considerato come potere politico e il papa come sovrano temporale.
The historians have since longtime focused their attention particularly on the Italian military and political enterprises of the cardinal Egidio Álvarez de Albornoz in relation with fact that the restoration of the authority of the Church in terms of temporal sovereignity has been the great political achievement of a cardinal who has been considered as the second founder of the State of the Church. As a consequence of the strong attention to the political Italian part of Albornoz’ activities, his cultural education as well his work as archbishop of Toledo, Primate of Spain and Great Chancellor of the reign of Castilia have been largely ignored by the historians. This article is intended to fi ll in these gaps in three directions – political, pastoral,
cultural. As far as Italy is concerned, what emerges is a vision of the Church which was
prioritarly non an ecclesiological but a political one, the papacy being considered at first as a political power and the pope as a temporal sovereign.
Il saggio ricostruisce il profi lo biografi co e le attività dell’ecclesiastico sabino Bernardino
Scotti, membro di spicco della prima generazione dei chierici regolari teatini, l’ordine istituito
nel primo Cinquecento dall’intransigente vescovo napoletano Gian Pietro Carafa, futuro
cardinale inquisitore e papa con il nome di Paolo IV. In particolare il saggio pone in evidenza
il ruolo che lo Scotti ebbe all’interno della sua compagnia, che poté indirizzare e governare
grazie all’incarico di preposito ricoperto per più di un mandato, e il suo rapporto privilegiato
con il Carafa, del quale condivise la politica religiosa, gli ideali di riforma e lo zelo nei confronti
degli eretici. Proprio la stretta collaborazione tra i due consentirà allo Scotti, negli anni
di pontificato del celebre confratello, di raggiungere, al culmine della propria carriera, il cardinalato
e altre nomine ecclesiastiche di prestigio, in particolare all’interno della congregazione
dell’Inquisizione.
The essay traces the biography and the ecclesiastical activities of Bernardino Scotti, a
prominent member of the first generation of the regular clerics called Theatine. The order was
founded in the early Sixteenth century by the uncompromising bishop Gian Pietro Carafa,
who became Cardinal Inquisitor and later Pope Paul IV. Basically, the essay focuses on the
role of Scotti in his Company, that he ruled and directed for many years as General Superior,
and on his privileged relationship with the same Carafa, whose religious policy, ideals of reformation
and zeal against the heretics he shared. His close cooperation with Carafa enabled Bernardino Scotti to reach, in the years of the pontifi cate of his famous brother, the top of his
ecclesiastical career such as the cardinalate and other prestigious appointments in the Congregation
of the Inquisition.
Nella collezione del cardinale Benedetto Giustiniani, nota attraverso l’inventario post
mortem del 1621, e composta quasi unicamente da dipinti di soggetto religioso, erano diverse
raffigurazioni del Volto di Cristo, attribuite a Raffaello, a Correggio (entrambe perdute, ma
note attraverso incisioni di riproduzione ottocentesche) e al Cavalier d’Arpino (quest’ultima
è oggi a Potsdam). Queste opere devono probabilmente essere giudicate come versioni
moderne di una celebre icona, il Mandylion, che si conserva ancora oggi in San Bartolomeo
degli Armeni a Genova, la città da cui provenivano i Giustiniani. Nella collezione del fratello
di Benedetto, il marchese Vincenzo, si conservava infatti un dipinto, perduto, raffigurante
l’episodio leggendario di Cristo consegna il Mandylion all’ambasciatore del re Abgar, un
soggetto rarissimo.
The post mortem inventory of cardinal Benedetto Giustiniani’s collection (1621) lists,
among many other paintings of religious subjects, some images of the Face of Christ attributed
to Raphael, Correggio (both lost, but known through nineteenth century reproductive
prints) and to Cavalier d’Arpino (this one is now at Potsdam). These paintings were probably
seen by Benedetto as modern versions of a famous icon, the Mandylion, which is still preserved
in San Bartolomeo degli Armeni in Genua, the city where the Giustiniani came from.
In the collection of Benedetto’s brother, Marquis Vincenzo, there was a painting, now lost,
representing the legendary episode of Christ giving the Mandylion to the Ambassador of King
Abgar, a very rare subject.