Miti romantici
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Analizzando le fonti di alcuni atteggiamenti tipici dell’arte contemporanea, Adriano Altamira ci conduce a scandagliare i miti romantici, scoprendo costanti ricorrenti e profondità insospettate che dal Novecento riportano indietro fino alla metà del Settecento. Nelle tre parti di questo percorso, Altamira analizza la nascita del Romanticismo, i suoi sviluppi (soprattutto in Francia) nel periodo simbolista, e alcuni momenti dell’arte contemporanea (in particolare nell’ambito delle avanguardie futurista, dadaista e surrealista) che proprio dal contesto simbolista prendono le mosse.
Questo ‘viaggio nel tempo’ è simile alla discesa dentro di sé compiuta dagli artisti romantici, alla scoperta del mondo inconfessato delle proprie passioni, spesso in urto o in netta contrapposizione rispetto alle regole sociali. Il superamento di questi limiti è contemplato in maniera esplicita in Blake, Sade, Poe, Baudelaire, Wilde, D’Annunzio, Nietzsche – e su un altro piano Freud –, i quali avvertono con forza la portata della crisi che investe tutta un’epoca, conferendo potente rilievo, artistico, filosofico o scientifico, ai conflitti della coscienza. Molti dei miti romantici presi in esame nascono da questa lacerazione iniziale, dall’immagine di un io diviso fra dovere e piacere, libertà e sottomissione, Bene e Male, con la scelta paradossale del Male, lungo una linea che da Blake conduce a Lautréamont e a Kafka, ed è riscontrabile in svariati esempi pittorici.
Tuttavia il più grande paradosso dell’epoca industriale sta nel fatto che, proprio in conseguenza del salto che la tecnologia imprime al mondo moderno, e allo stravolgimento del rapporto originario con la Natura, l’arte e la cultura si siano volte a considerare, con grande partecipazione emotiva, modi espressivi dei popoli primitivi, forme artistiche e tradizioni popolari, l’arte arcaica dei popoli mediterranei, il mondo medievale. L’interesse per il popolare conduce, nell’arte contemporanea, al curioso rovesciamento di ‘cultura alta’ e ‘mondo basso’ del consumo. L’uomo, spossessato della propria individualità nella società di massa, sogna l’uomo artificiale, Frankenstein: dal romanzo di Mary Shelley del 1818, al film di James Whale del 1931, fino al recente rifacimento filologico di Kenneth Branagh.
Biografia dell'autoreAdriano Altamira (Milano 1947) insegna Psicologia della Forma presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e Fenomenologia degli Stili presso il dipartimento di Arte e Spettacolo dell’Università Cattolica di Brescia. Ha collaborato con le più importanti riviste d’arte italiane; è stato corrispondente da Milano della rivista francese «Artistes» e direttore della rivista «G7 Studio»; ha scritto (firmandosi Adriano Antolini) sul «Giornale Nuovo» e sul «Corriere della Sera». Fra le sue pubblicazioni si segnalano la sezione dedicata all’Arte Concettuale, in Ricerche visuali dopo il 1945, a cura di M. Dalai Emiliani (Milano 1974), e il sesto tomo del manuale Arte nel tempo, a cura di G. De Vecchi - E. Cerchiari (Milano 1991). Fra le opere più creative si ricordano L’invenzione di Schiaparelli (Milano 1980) e Neuroclassicismo (Brescia 1990). Più di recente ha pubblicato Il secolo sconosciuto (Milano 1997), un saggio sull’arte del Novecento; Piccola Apocalisse (Milano 1999); Area di Coincidenza (Brescia 2001), rilettura metodologica di una ricerca di critica visuale condotta negli anni Settanta; il primo volume del Catalogo generale dell’opera di Remo Bianco (Milano 2001).Informazioni aggiuntivePrima ristampa: ottobre 2005 |
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