Interpretazione di Socrate
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Sono qui riuniti e tradotti per la prima volta tutti gli scritti socratici del grande filologo e platonista scozzese John Burnet (Edimburgo 1863 – St.Andrews 1928).
Come è noto, il Burnet, Attribuendo un preciso valore storico e documentario a tutti i dialoghi platonici fino ai cosiddetti dialoghi dialettici, ha rivendicato a Socrate gran parte delle dottrine tradizionalmente attribuite a Platone e, in primo luogo, la celebre dottrina delle Idee. Fin dal momento in cui venne proposta, gli studiosi si sono affrettati a respingere questa tesi, bocciandola – a giusta ragione – come paradossale. Ma, nel fare ciò, i medesimi studiosi, salvo rarissime eccezioni, hanno finito col respingere in blocco, come inverosimile e insostenibile, non solo questa tesi, ma tutta quanta l’interpretazione del Burnet ha dato di Socrate, nella convinzione che, qualunque altra cosa l’autore avesse detto, essa fosse in un certo senso irrimediabilmente compromessa dal giudizio di partenza e dovesse fatalmente ricadere nella sua paradossalità. Si è così dimenticata o non si è intesa o , addirittura, si è fraintesa un’altra tesi sostenuta dal Burnet, quella secondo cui si deve a Socrate la scoperta dell’idea occidentale di “anima” come sede della coscienza morale e intellettuale dell’uomo.
A Socrate, insomma, l’uomo occidentale sarebbe debitore di questa fondamentale categoria senza la quale egli dovrebbe pensare se stesso in maniera diversa da come per secoli si è pensato e continua tuttora a pensarsi. Ebbene, questa specifica tesi burnetiana non ha nulla a che vedere con quella che risolve e tendenzialmente dissolve la filosofia di Platone nella filosofia di Socrate e, a differenza di essa, risulta decisamente plausibile e fondata. L’elaborazione di questa tesi è, peraltro, del tutto indipendente dall’altra persino sotto il profilo della cronologia, in quanto lo studioso l’avanzò e la difese come una sostanziale “novità” nell’ambito dei suoi studi socratici quando l’acquisizione della tesi paradossale era già un fatto compiuto. Ma la distinzione non è solo cronologica, è anche e soprattutto logica e metodologica. Stranamente nessuno si è finora accorto (ma la distrazione è di per sé particolarmente significativa) che fu lo stesso Burnet a riconoscere espressamente che quest’ultima tesi non è affatto legata alla precedente e che, anzi, ne è del tutto indipendente e regge benissimo da sola, tanto teoreticamente quanto storicamente e filologicamente. Pertanto, una rilettura meditata dell’interpretazione socratica del Burnet, rivisitata nella sua testuale complessità e nel gioco delle sue diverse articolazioni interne, può contribuire a rimuovere certi eccessi di semplificazione e, in definitiva, certi fraintendimenti o veri e propri errori di prospettiva che sono divenuti un luogo comune nella storiografia socratica.
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