Metafisica e violenza
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Che la metafisica sia violenta è diventata oramai una ‘vecchia storia’. Nondimeno essa circola sempre sotto nuove spoglie. Oggi la metafisica sembra accusata di violenza, soprattutto perché ostacolerebbe la percezione della ‘finitezza’. Come se si potesse determinare la ‘finitezza’, senza dare significato (fosse pure semplicemente negativo) anche a ciò che ad essa assolutamente si oppone, ossia all’infinità. Paradossalmente, è proprio la storia della metafisica a contenere nel proprio patrimonio teorico la messa a tema della determinazione del ‘finito’. Ogni buon metafisico sa, infatti, che la posizione di ciò che oltrepassa il finito implica necessariamente la posizione del finito come tale. Anzi, questa è per lui la maggiore ‘fatica del concetto’.
La metafisica, in sé e per sé, non c’entra nulla con la violenza, perché è una realtà di un altro ordine. La metafisica è un teoria, la violenza è una pratica. E si possono usare le teorie più vere per le pratiche più aberranti. Provvede un essere umano, nella sua libertà, a far da tramite. La metafisica è solo il guadagno di questa fondamentale e semplice convinzione, che lo strato infinito dell’essere, che necessariamente si dà (Parmenide), trascende infinitamente il finito. Proprio questa convinzione può rendere ineseguibile la ‘cortocircuitazione’ della soggettività e del senso dell’Intero, che è la vera radice della umana violenza. La soggettività è il luogo in cui il senso accade, non il luogo in cui il senso è prodotto, dice la metafisica, perché anche la soggettività, come ogni altra cosa, ontologicamente dipende. La verità è sempre scoperta come quella che è già lì, quando la soggettività vi si rapporta, e quindi è disponibile anche per altre potenziali soggettività finite. Ebbene, proprio questo poter convenire nelle forme della verità da parte delle soggettività finite, questo potersi accordare, è in realtà il principio della possibile estirpazione della violenza. Biografia dell'autoreCarmelo Vigna è ordinario di Filosofia morale presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove ha diretto il Dipartimento di Filosofia e Teoria delle Scienze e ha fondato e attualmente dirige il Centro Interuniversitario per gli Studi sull’Etica (C.I.S.E.). È presidente del Centro di Etica generale e applicata (C.E.G.A.) dell’Almo Collegio Borromeo di Pavia. Con F. Botturi dirige l’Annuario di etica (edito da Vita e Pensiero). è autore di numerose pubblicazioni.Paolo Bettineschi è dottorando di ricerca presso il Dipartimento di Filosofia e Teoria delle Scienze dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Collabora con la Cattedra di Filosofia morale. Si è occupato principalmente di logica e ontologia quanto al pensiero di Hegel, Gentile, Heidegger e Bontadini. Ha pubblicato alcuni lavori su questi temi e ha scritto (con C. Vigna) diverse voci per l’Enciclopedia filosofica, a cura della Fondazione Centro Studi Filosofici di Gallarate (Milano 2006). |
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