Estesa, ricostituita, allargata, di fatto, unipersonale, convivente, non convivente… Le forme di famiglia di cui oggi si censisce, e non solo da un punto di vista statistico, l’esistenza sono davvero tante e in continua variazione. La famiglia cambia pelle, e questo suo trasformarsi, si dice da più parti, è segno di vitalità, di capacità di risposta ai mutamenti della società. Siamo proprio sicuri che sia così? Roberto Volpi, statistico attento a far dialogare i dati con la vita e i comportamenti sociali del nostro Paese, sfata questo e altri miti mostrandoci una realtà ben diversa con la quale fare i conti. La famiglia nella sua modalità ‘tradizionale’, fondata sulla coppia unita in matrimonio e aperta ai figli, ha svolto un ruolo fondamentale nel risollevare le sorti dell’Italia appena uscita dalla Seconda guerra mondiale e ha goduto di ottima salute fino a metà degli anni Settanta, poi la sua traiettoria vitale ha preso un’altra strada, fino alla situazione di oggi, caratterizzata da una perdita di prestigio che si misura in numeri di matrimoni e di figli mai così bassi nella storia d’Italia. Le cause di questo scivolamento, peraltro condiviso con gli altri Paesi occidentali, sono tante, ma il vero punto della polverizzazione della famiglia in forme sempre più contingenti e provvisorie è culturale, e trova la sua origine nella transizione in atto nell’Occidente post-moderno da un tipo di società i cui assetti economico-produttivi necessitavano di una forte famiglia di tipo tradizionale a una società che cerca invece nell’individuo la sua forma base. Un individuo che non si fa problemi a essere tale, ma che anzi rivendica i vantaggi e perfino la superiorità della sua condizione. Un individuo che non sostituisce però la famiglia, ma se ne serve ibridandola, infiltrandola, cambiandola. Basti pensare alle dinamiche della famiglia fino alla metà degli anni Settanta rispetto a quelle odierne. Allora la famiglia era un punto di partenza, l’inizio di un’avventura anche e soprattutto di affermazione sociale, tutta da costruire proprio grazie allo strumento famiglia; oggi è un punto di arrivo, il coronamento di un percorso individuale di realizzazione di sé. Ma, ci avverte Volpi, la presa d’atto di questa prevalenza culturale dell’individualismo fin dentro la trama del tessuto famigliare non può limitarsi a essere l’annotazione di un caso, la certificazione di un trend. È importante vedere lucidamente gli scenari che essa apre per il futuro. La domanda è: terranno le società occidentali se continuerà lo scivolamento verso forme di famiglia a sempre più bassa responsabilità individuale e di coppia, se i tassi di fecondità e di nascite rimarranno drammaticamente lontani dalla soglia di sostituzione delle generazioni? Famiglia e società sono ben più saldamente intrecciate di quanto oggi si tende a pensare. La sfida è aperta.
Biografia dell'autore
Roberto Volpi, statistico, ha diretto uffici pubblici di statistica, progettato il Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, coordinato il Gruppo tecnico di programmazione che ha redatto il Piano strategico della città di Pisa. Ha scritto, tra gli altri, Storia della popolazione italiana dall’Unità ai giorni nostri (1989), Figli d’Italia (1996), La fine della famiglia (2007), Il sesso spuntato (2012).
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