Castiglione e il mito di Urbino
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Lo studio dei manoscritti del Libro del Cortegiano con le redazioni dell’opera precedenti la vulgata, qui proposto da Uberto Motta, è finalizzato al rinvenimento degli obiettivi perseguiti da Castiglione durante la lunga stagione compositiva. Nella prima parte l’analisi è concentrata sui capitoli coi quali si volle fornire il Cortegiano di una cornice plasmata secondo il modello decameroniano. Si dimostra così che la codificazione del ‘mito di Urbino’, sotto l’egida di Federico, Guidubaldo ed Elisabetta Gonzaga, fu impresa insieme civile e letteraria, fondata sul confronto con la letteratura classica e umanistica, specie fiorentina.
Al sondaggio delle circostanze storiche e culturali che legittimarono la dedica dell’opera a Miguel da Silva è riservata la seconda parte del volume. La ricostruzione dei successi letterari conseguiti in Italia dall’umanista portoghese nei campi del greco, del latino e del volgare prova che la scelta di Castiglione fu motivata e geniale. Quando il manoscritto già era nelle mani degli stampatori, l’elezione del dedicatario impresse all’opera la definitiva torsione, consacrandone, al di là dell’originaria couche feltresca, il destino europeo. Biografia dell'autoreUberto Motta è ricercatore di Letteratura italiana presso la Facoltà di Lettere dell’Università Cattolica di Milano. Ha studiato la tradizione lirica del Novecento (con saggi su Montale, Zanzotto, Luzi, Sereni) e la cultura letteraria tardo-rinascimentale e barocca, indagando, in particolare, i rapporti fra erudizione antiquaria, collezionismo librario e produzione poetica nell’età di Tasso e Galileo. Attualmente si occupa della letteratura latina e volgare fiorita nelle corti italiane tra XV e XVI secolo. Presso Vita e Pensiero ha pubblicato “Ritrovamenti di senso nella poesia di Andrea Zanzotto” (1996), e "Antonio Querenghi (1546-1633): un letterato padovano nella Roma del tardo Rinascimento" (1997). Della vasta e singolare biblioteca di Antonio Querenghi ha pubblicato e commentato l’inventario in contributi apparsi nel 2000 su «Italia Medioevale e Umanistica» e «Studi Secenteschi». |
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