Dialettica e filosofia in Plotino
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La concezione plotiniana della dialettica ha trovato scarsa attenzione tanto nella storia degli studi sul neoplatonismo quanto sulla dialettica. In parte questo è dovuto al peso del giudizio pronunciato da Hegel e in particolare alla sua attribuzione a Proclo, piuttosto che a Plotino, di un modo di pensare dialettico. Ma vale forse la pena di rivedere radicalmente questa situazione, al di là di qualsiasi interesse puramente “archeologico”, per riaffermare la complessità e vitalità dei motivi operanti nella dialettica plotiniana e nei suoi rapporti con la filosofia. In altri termini, non si tratta soltanto di ricordare la ricchezza di motivi platonici, aristotelici e stoici utilizzati da Plotino nella sua sintesi, ma di mettere in luce la funzione determinante della dialettica all’interno della filosofia non come non come un semplice strumento e tanto meno come una semplice propedeutica. A tale scopo va sottolineata la centralità della lettura plotiniana dei cinque generi del Sofista in senso genetico e dinamico, ontologico e poetico, per delineare il carattere orizzontale e verticale al tempo stesso del processo dialettico nella tensione produttiva e reciproca tra l’intelletto e gli intelligibili. Un rapporto estremamente complesso di unità e diversità, di intenzionalità e di limitazione che, per un verso, dà conto del carattere necessariamente discorsivo del sapere, ma, per l’altro, spinge continuamente la dialettica ad autodissolversi e ad estinguersi per attingere il sapere nella sua forma più alta. Un rapporto all’interno del quale non mancano certo motivi di contrasto per cui, se venisse a prevalere l’aspetto dinamico o discorsivo, la dialettica verrebbe ad essere intesa come una sorta di conquista progressiva e quantitativa e, dunque, di descrizione esaustiva degli intelligibili o perfino come una loro sistemazione gerarchica. In tal modo andrebbe perduto però l’aspetto, per Plotino non meno essenziale, per cui la completezza e funzione della dialettica va intesa in senso qualitativo come continua distruzione critica di ogni indebito isolamento degli intelligibili tra di loro e rispetto all’intelletto e come riconoscimento dell’unitotalità organica dell’intelligibile e del sapere; una funzione, secondo Plotino, mirabilmente esemplificata e realizzata dalla scienza dove ogni momento o teorema, proprio nella sua singolarità e specificità, ne contiene e dimostra la totalità. Tensione interna di motivi, a sua volta, difficilmente comprensibile, se si prescinde dal carattere non soltanto logico, ma eticocatartico della dialettica, per cui non le tocca unitamente il compito di spiegare e delimitare l’ambito della logica nel senso formale e strumentale del termine, ma, come autentica filosofia, di impedire continuamente all’anima di adagiarsi in forme di sapere che non siano una elevazione al bene supremo che non siano una elevazione al bene supremo e un distacco dai lacci della sensibilità e discorsività. Forse proprio in questa poliedricità e pluralità di funzioni, o, se si vuole, proprio in questa interna contraddittorietà per cui la dialettica tanto più si realizza quanto più continua ad estinguersi eppure a risorgere come momento normativo della filosofia si trova la vitalità della concezione plotiniana della dialettica. Una vitalità misconosciuta dalle concezioni successive che hanno identificato la dialettica con uno solo dei suoi aspetti o per ridurla a qualcosa di puramente strumentale e settoriale rispetto alla filosofia, o per esaltarne la funzione speculativa in un senso però sistematico quale ricognizione esaustiva di quella “piana della verità” in cui, secondo Plotino invece, la dialettica vive in incessante quiete e movimento.
Biografia dell'autoreValerio Verra (1928) è professore di storia della filosofia nell’università di Roma La Sapienza, membro del “Vorstand” della “Internationale Hegel Vereinigung” dell’”Institut International de Philosophie” e socio corrispondente della Accademia Nazionale dei Lincei. Oltre al presente lavoro, al neoplatonismo ha dedicato un’ampia ricognizione storica-antologica delle sue interpretazioni comparsa nel 1975 nel primo volume delle “Questioni di storiografia filosofica”, La scuola, Brescia. Tra i suoi lavori principali si possono ricordare l’edizione dei Gesammelte Werke di S.Maimon (7 voll., G.Olms, Hildesheim 1965-1977), la traduzione della Scienza della logica, parte prima di G.W.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche con le aggiunte (Utet, Torino 1981), di scelte antologiche degli scritti di jacobi (Loescher, Torino 1966) delle Idee per la filosofia della storia della umanità di Herder (Zanichelli, Bologna 1971, 2a ed. riveduta, Laterza, Roma-Bari 1992), oltre ai volumi: Dopo Kant. Il criticismo nell’età preromantica, Edizioni di Filosofia, Torino 1957; F.H.Jacobi: dall’illuminismo all’idealismo, Edizioni di Filosofia, Torino 1963; Mito, rivelazione e filosofia in J.G. Herder e nel suo tempo, Marzorati, Milano1966; Introduzione a Hegel, Laterza, Roma-Bari1988, 3a ed. 1991; Letture hegeliane. Idea, natura, storia, Il mulino, Bologna 1992. |
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